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A letter by Luigi Boscacci (in Italian)

27/10/2009
from the Broken Images series, Prasomaso Sanatorium
Caro Cesare,
(……………………………………………………………………………………………………………) Una volta mi pare di averti detto che nelle tue fotografie, o meglio , in alcune di esse, era come se fosse esaurito tutto lo spazio, o il senso, per qualcosa di ulteriore __ non che non fosse possibile fare altro , ma come se non fosse più possibile fare qualcosa in quella direzione; mi pareva che fossero stati generati eventi perfettamente compiuti, rapiti da una mano paziente all’oblio che li avrebbe inghiottiti per sempre col loro flebile carico di bellezza.

Ricorderai certo il Principe Myskin e la sua teoria dell’eternità dell’istante (e della sua conseguente , auratica , bellezza): si potrebbe dire, interpretandolo solo un po’, che forse noi possiamo sottrarre le cose al loro rapido scivolare nel silenzio proprio cogliendole nella tensione massima della loro variabilità __ un riflesso su un vetro che scopre qualcosa che vedremo solo in quell’ istante …. e del resto tutto il gioco delle luci non genera elementi quasi inafferrabili?

(...) il senso è il sacrificio di sé per resistere alla tentazione, o all’attrazione, del nulla, non l’effetto di una grazia sottratta per sempre alla nostra libertà ….solo per dire questo sto provando a scriverti. Proverò a spiegarmi parlandoti di una di quelle fotografie che mi hai regalato _ il tuo "autoritratto" _ arrivando a parlartene almeno fin laddove mi è possibile, o lecito, farlo.

Di quella foto mi ha sempre colpito la sua aritmicità, rispetto almeno ad altre tue cose tipicamente “ myskiniane”: trovo ci sia una forte dissimmetria tra lo spazio “dell’inquadratura” e la prospettiva della parete, con le piastrelle __ infatti mi sono sempre chiesto perchè non avessi bloccato o congelato l’impatto di quella parete isolandola da una distanza visiva superiore, da un centro prospettico più lontano .….in più poi c’è quella tonalità di grigio diffusa e quasi opprimente (molto diversa dal nitore o dalla pulizia delle linee di altre tue cose ).... ..…ma c’è soprattutto quel punto di fuga (dalla tua intimità _ così presente e pressante ) ….. la luce della finestra che cade su quello spazio bianco che pare una porta .

Per me, che conosco Prasomaso, in quel “taglio” di luce c’è quel luogo, uno spazio che cattura tutti gli eventi esterni per restituirli al “fuori” completamente trasformati _ è superfluo dirlo proprio a te , ma pensa alle luci in quelle stanze, quella luce che sembra fluire da quegli interni come se finalmente il mondo potesse rovesciarsi da tutte le intimità che lo hanno custodito gelosamente e silenziosamente .

Bisogna accogliere la sfida di quel luogo, come quella delle tue fotografie; lì dentro c’è quella decisione umana che donando alle cose uno spazio in cui trattenersi _ un loro nuovo senso , come nel miracoloso spazio di quelle stanze a Prasomaso _ le sottraggono alla loro fuga nel nulla .


Luigi Boscacci (2007)